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10 marzo 2021
Corriere Spettacolo
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Tatuare l'anima

Oggi ho avuto il grandissimo piacere di intervistare Francesco Cinti Piredda, rinomato artista del tatuaggio e titolare dello studio UNOPERCENTO. Tatuare per lui non vuol dire semplicemente incidere un disegno sulla pelle del cliente, ma far vivere a costui un sogno, un racconto, un viaggio da portare addosso, come una seconda pelle. Il tatuaggio diviene emozione e valorizza tout court la Persona che lo indossa.

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Francesco buonasera, cosa rappresenta per te il tatuaggio?

 

Mi sono interessato alla macchinetta da tatuaggio come strumento. Mi interessava scoprire cosa si celasse dietro a quel semplice oggetto. Quando ho iniziato, il mondo dei tatuaggi non era così distinto come lo è oggi; la fluidità del tratto e della mano una volta non erano qualitativamente significativi come lo sono ora. Oggi tutti si professano artisti, ma il vero “genio” è un’altra cosa. Il vero artista non sa di essere tale. A me interessa fare tatuaggi, anche se, te lo confesso, non li amo molto.

Come è evoluto il concetto del tatuaggio durante gli anni?

Al giorno d’oggi il mondo dei tatuaggi è piuttosto inflazionato. Tutti vanno di fretta e vogliono bruciare le tappe. Anche in questo settore purtroppo si tende spesso a seguire le mode del momento e questo atteggiamento a volte può risultare deleterio.

Come reputi l’abbinamento tatuaggi-social?

Come altri ambiti della vita, anche l’universo dei social, a mio avviso, andrebbe educato. Per quanto riguarda il diffondersi delle immagini di tatuaggi sui social, spesso questo ha portato ad un abbassamento di qualità delle opere. Di contro il vantaggio può essere che grazie alla capillarizzazione dei mezzi di comunicazione, un tatuaggio può essere visto da un numero sconfinato di persone.

Hai mai rifiutato di realizzare un tatuaggio?

Mi è capitato diverse volte di dover rifiutare un lavoro. Partiamo dall’assunto che il cliente non ha sempre ragione! La pelle umana è sacra e va rispettata: il tatuaggio te lo porti addosso per sempre! E lo dico contro i miei interessi.

Qual è stato il primo tatuaggio che hai realizzato?

Bella domanda! Ho tatuato Paperino vestito da marinaretto su un mio amico. Ci ho messo quattro ore e ho sudato le fatidiche sette camicie. Quello è stato il primo. Dopo ogni tatuaggio fatto, l’esperienza migliora e la consapevolezza cresce un pezzetto alla volta!

Come mai la decisione di tatuare di notte? La tua scelta mi fa tornare in mente le parole di Gente della notte di Jovanotti: e non esiste traffico e non c’è casino almeno quello brutto, quello che stressa!

Di notte le persone tolgono le maschere che indossano di giorno. La gente è più rilassata e si instaura un rapporto più intimo: si è più propensi al dialogo e alla condivisione. È un fattore fisiologico, durante le ore notturne si abbassa la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress! Per questo non offro mai ai miei clienti eccitanti come la caffeina, coca cola o liquirizia. Di notte riesco a percepire meglio le emozioni che mi trasmettono le persone quando le tatuo.

Cosa rappresenta per te la perfezione?

Se vogliamo riferirci alla perfezione del disegno ti dico che oggi curo molto le sfumature, la profondità e la saturazione. L’isteria della perfezione ci allontana dal concetto di emozione. Ciò che ci avvicina all’emozione pura è l’istinto!

Cosa caratterizza il tuo stile?

Realizzo perlopiù opere orientali, floreali e scritte a pennello. È paradossale ma il mio stile finisce per piacere anche a chi non ama i tatuaggi. Il mio tratto è più delicato, non è troppo pesante. Creo un’esperienza sul corpo della persona. Inoltre ho inventato un tipo particolare di scrittura: la Brush Calligraphy! L’ho sviluppata traendo ispirazione dallo "shodō giapponese" la raffinata arte orientale di scrittura a pennello. Ho realizzato una calligrafia che oltre me può leggere solo chi la porta sulla pelle: la disegno esclusivamente free hand e direttamente sul corpo, perché sia unica e personale.

Come nasce il tuo amore per l’Oriente?

Nel ’97 o nel ’98 mi capitò tra le mani un libro su Hokusai. Dopo qualche anno ho capito l’emozione che mi produceva il singolo tratto, l’essenza e la semplicità degli elementi. Ho tolto il soggetto dai miei disegni, la persona è diventata il soggetto dei miei tatuaggi!

Ci racconti una curiosità che ti è capitata.

Anni fa ho tatuato una ragazza all’altezza delle scapole. Ho scritto dei versi del Vangelo dedicati a Dio. Quelle scritte viste da lontano assomigliavano al volto di un uomo con una corona di spine. Un fatto singolare e non voluto!

I tatuaggi sono i segni visibili dell’anima. Qualcosa che uno si fa incidere tra la pelle e il cielo.
(Fabrizio Caramagna)

Valerio Molinaro

Livia Fabietti

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